Dove le fedi so parlano e il silenzio ha voce
Albania
C’è un respiro antico che si avverte appena si mette piede in Albania. Non è solo l’aria frizzante dei Balcani o la brezza che sale dalla costa frastagliata dell’Adriatico. È qualcosa di più sottile, un’eco che arriva da tempi remoti, quando le parole viaggiavano sulle rotte dell’apostolo Paolo e il silenzio si faceva preghiera sulle pietre consumate dai passi dei pellegrini.
In Albania, la fede non è mai stata una linea retta. È piuttosto un intreccio, un tessuto che unisce fili diversi – minareti che svettano accanto a campanili, icone ortodosse che convivono con Madonne cattoliche, e santuari dove le mai si uniscono, indipendentemente dalla direzione della preghiera.
Qui l’anima del Paese si rivela lentamente, con discrezione. La si incontra nel volto sereno delle suore della Missione di Madre Teresa, nel profumo dell’incenso che ancora aleggia tra le pareti delle chiese di pietra di Berat, o nel silenzio carico di rispetto che si respira tra le mura del santuario di Sant’Antonio a Lac. Ogni luogo è un incontro. Ogni incontro, un piccolo miracolo dell’umanità.
Non serve essere credenti per sentire la potenza di questa terra. Basta fermarsi. Lasciare che le città parlino. Tirana vibra di una giovinezza ostinata, eppure le sue piazze raccontano di un passato appena scivolato dietri l’angolo. Scutari osserva tutto dall’alto delle sue rovine, come una madre severa ma amorevole. Argirocastro si lascia ammirare in silenzio, sospesa nel tempo, vestita di pietra. E lungo la costa, tra le curve vertiginose del Llogara, la natura sembra recitare un salmo antico.
In Albania la diversità non è una minaccia, ma un’orchestra imperfetta che col tempo ha imparato a suonare insieme. Non è un caso che Papa Francesco l’abbia scelta come simbolo di convivenza: qui la pace non è solo una parola, ma una pratica quotidiana, una scelta rinnovata ogni giorno, nelle scuole, nella strada nelle case.
“Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano”, diceva Madre Teresa di Calcutta, figlia di questa terra. Eppure in Albania ogni goccia sembra contare. Ogni gesto, ogni saluto, ogni sguardo offerto con gentilezza ha il peso di un dialogo che supera i confini della religione. Come se questa terra, pur segnata da ferite profonde e storie dure, avrebbe trovato un suo modo unico di credere nelle luce – anche nei giorni più grigi.
Non si torna dall’Albania uguali a prima. Si parte pensando di visitare un Paese e si scopre, senza accorgersene, di essere stati visitati a nostra volta da una presenza sottile: un sentimento, una domanda, forse una piccola verità su se stessi. L’Albania non urla. Sussurra. Ma se si impara ad ascoltare resta dentro.